Ad un anno dal primo telefonino con sistema operativo Android il boom si fa sentire e le ottime quote di mercato raggiunte in soli 12 mesi non sono sempre un segnale di salute per quanto riguarda lo sviluppo delle applicazioni.
A differenza di iPhone, infatti, in cui è un unico produttore hardware a dettare legge, il mondo del Googlefonino è caratterizzato da un aspetto diametralmente opposto, cioè sempre più produttori si stanno gettando nella mischia. Ma se per quanto riguarda l’aspetto “concorrenza” è un ottimo segno e tradotto per noi consumatori significa maggior ventaglio di scelta – e prezzi più accessibili – non tutti vedono questo scenario di buon occhio.
Infatti i “poveri” sviluppatori si trovano ad affrontare un problema di non poco conto quando preparano le loro applicazioni: devono cercare di ottimizzare i loro programmi affinchè siano funzionali (e funzionanti!) su ogni dispositivo, ma il mercato troppo frazionato degli smartphone Android sta diventando sempre più difficile da gestire.
Ogni mese assistiamo all’arrivo di nuovi cellulari, nuovi processori, tutti con caratteristiche hardware a sè che possono sembrare simili ma che per uno sviluppatore sono sostanzialmente molto differenti: risoluzioni degli schermi e processori dal clock spesso distante tra loro sono solo due delle variabili che costringono i programmatori a fare delle scelte a monte che spesso rischia di preferire un dispositivo a discapito di un altro.
Ecco quindi spiegato uno dei motivi per cui gli sviluppatori preferiscono cimentarsi nelle apps dell’iPhone piuttosto che Android: se a questo aggiungiamo il “parco macchine” di melafonini in circolazione (quindi maggior numero di potenziali clienti) si capisce subito il divario tra App Store e l’Android Market. Che dire, non ci resta che sperare che mamma Google provveda in qualche maniera a dare una regolamentazione al mercato, altrimenti dovremmo subire un caso di “fuga di cervelli” anche in questo settore.